Si chiama Rete Egida Italia, meglio conosciuto sotto l’acronimo ‘Rei’, l’ultimo progetto di aggregazione imprenditoriale all’interno della filiera degli apparecchi. Un’applicazione del modello reti di imprese, e un possibile riferimento per il futuro del settore.
Il progetto è stato reso noto qualche settimana fa, dopo l’edizione autunnale della fiera del settore, con la pubblicazione del nuovo sito internet dedicato all’iniziativa. Da allora, il marchio ‘Rei’ sta facendo parlare di sé, interessando non solo le imprese di gestione, a cui si riferisce in maniera diretta, ma anche gli altri operatori del settore. Per questa ragione abbiamo voluto capire qualcosa in più di questo progetto, chiedendo a Paolo Gioacchini, titolare della marchigiana Gmg Games e fautore dell’iniziativa, di spiegarne le peculiarità.
Da dove nasce, innanzitutto, questo progetto e perché?
“L’obiettivo del ‘progetto Rei’ è quello di garantire attraverso un soggetto giuridico mai utilizzato fino ad ora nel settore del gioco lecito, il corretto e professionale svolgimento del gioco legale in Italia attraverso la tutela e la valorizzazione delle migliori imprese create dai gestori/proprietari di apparecchi con vincita in denaro. Rei nasce così dalla volontà di qualificare ulteriormente la funzione di questa figura come presidio del territorio, assumendone una rappresentanza efficace degli interessi che ne consenta sia la difesa del ruolo all’interno del settore sia la crescita in prospettiva, raggruppando le eccellenze presenti nel comparto, incrementandone la produttività e mettendo in condivisione informazioni e know how. Il gestore nostro socio assicura assistenza, si fa garante del rispetto della legalità, cura i rapporti con gli esercenti e riveste il ruolo sempre più necessario di interlocutore autorevole con il mondo delle istituzioni e della politica. Tra i nostri intenti c’è, in definitiva, quello di restituire, presso l’opinione pubblica e le stesse istituzioni, all’intero comparto del gioco lecito, quelle caratteristiche di serietà e credibilità che gli spettano naturalmente. Non solo, Rei nasce anche per tradurre concretamente le grandi potenzialità del settore, diversificando le attività delle imprese, creando ulteriori voci di ricavo, razionalizzando i costi di gestione, implementando i segmenti innovativi, generando nuovi modelli di business. Per raggiungere questo obiettivo era necessario strutturare i singoli gestori con un contratto di rete che potesse essere funzionale allo sviluppo delle imprese e le ponesse, pur mantenendo la propria autonomia imprenditoriale, nelle condizioni di ottenere quei risultati in termini finanziari e di contrattazione istituzionale che da sole non avrebbero mai potuto ottenere. Il progetto, pertanto, vuole rafforzare quella figura di intermediazione senza la quale il gioco lecito avrebbe difficoltà a reggersi sulle proprie gambe e ad affermare quei principi di trasparenza cui la stessa Rei si ispira.
Cosa distingue il progetto di Reti di imprese dalle altre forme di ‘aggregazione’ imprenditoriale?
“Come proviamo a spiegare nel nostro sito, creato appositamente a questo scopo, il contratto di rete è un accordo con cui gli imprenditori, pur rimanendo indipendenti, si impegnano a collaborare per la realizzazione di un programma comune fondato su obiettivi strategici condivisi. A nostro avviso è questa la base che permette la crescita parallela della singola impresa e di quelle partecipanti alla rete, che possono contare, grazie ad essa, sulla partecipazione a nuove opportunità tecnologiche – aumentando così la propria capacità innovativa – e su un riposizionamento migliore sul mercato dove esse potranno accrescere la propria competitività. Esistono quindi differenze rilevanti con l’attività dei Consorzi, i quali, ad esempio, condividendo sostanzialmente beni strumentali, si caratterizzano per un approccio mutualistico che non è quello delle reti di impresa che prevede la messa in comune anche di attività strategiche. Esiste un’altra differenza rispetto ai Consorzi: mentre questi, mediante l’organizzazione comune, possono acquisire beni strumentali a condizioni più vantaggiose con maggiori ricavi o minori costi di gestione, la Rete, potendo produrre beni e servizi, ha la possibilità di generare utili da ripartire tra i soggetti partecipanti. Infine la Rete prevede la stesura obbligatoria di un programma in cui vengono specificatigli obiettivi da raggiungere e le relative modalità d’azione, passaggio che non è previsto da un Consorzio. La principale diversità rispetto ad un’Ati consiste invece nel fatto che queste nascono per raggiungere uno scopo preciso ed unico ben definito nel tempo (la partecipazione a procedure ad evidenza pubblica per aggiudicazione di contratti pubblici per lavori o servizi), mentre le Reti di Impresa nascono per attuare un programma di rete non legato ad una contingenza, con la conseguenza di evolvere i rapporti delle realtà che ne fanno parte e di creare una propria identità anche e soprattutto in prospettiva”.
Quanti soggetti imprenditoriali hanno aderito all’iniziativa e quanti contate di portare all’interno del vostro network?
“Le aziende fondatrici del progetto Rei sono 13, gran parte delle quali nel marzo 2010 costituirono un altro soggetto giuridico importante per la storia del nostro settore: Egida. Già oggi i nostri sono numeri molto interessanti: oltre 500 dipendenti, 8.600 apparecchi da intrattenimento gestiti in più di 2000 esercizi pubblici dislocati in 5 regioni e 30 province. Il nostro obiettivo è ora quello di estendere ad ampliare il sistema secondo una formula aperta che può consentire il consolidamento della rete purché i futuri aderenti sposino in pieno la nostra filosofia e condividano tutti i 20 punti che vanno a creare un identikit d’impresa Rei che mette in primo piano l’etica e l’autonomia imprenditoriale, il rispetto delle leggi, la consapevolezza che gli interessi del gruppo precedono quelli personali, favorendo lo scambio di informazione e lo sviluppo del know how maturato nel tempo. La nostra ambizione più grande è quella di avere almeno un’azienda di riferimento in ogni regione d’Italia”.
Da sempre si parla del futuro del gestore di apparecchi “a rischio”: c’è anche questo timore dietro alla nascita di questo progetto? E, soprattutto, crede che sia questa la soluzione per poter rimanere in piedi di fronte a eventuali evoluzioni o cambiamenti di mercato?
“A nostro avviso, per i motivi che abbiamo spiegato nelle righe precedenti, un certo tipo di azienda di gestione strutturata, continuerà a rappresentare una risorsa fondamentale per l’intero sistema del gioco lecito, concessionari di Stato compresi. È altrettanto vero però che al cospetto di quello che sta accadendo sia sul mercato che sul piano legislativo e leggendo le continue dichiarazioni da parte dei vari rappresentanti della politica, un’azienda di gestione che pensa di affrontare le sfide del futuro completamente sola fa una scelta quantomeno rischiosa. Noi pensiamo che il contratto di rete possa aumentare l’efficienza delle singole imprese e che a sua volta possa consentire il consolidamento dello stesso sistema, specie di fronte ad eventuali mutamenti del mercato, a sue possibili evoluzioni. Sono questi i motivi per cui abbiamo messo uno scudo affianco al nostro logo. Strutturarsi, e quindi efficientarsi, permette ai gestori di garantirsi quella robustezza e forza contrattuale che da soli non potrebbero raggiungere, restando ostaggio della potenza delle realtà più consistenti, con il rischio tangibile della propria scomparsa, drammatica per la categoria ma grave anche per il sistema nel suo complesso. I gestori-proprietari, infatti, grazie al loro continuo rapporto con un’altra figura importante della filiera che è l’esercente, costituiscono la prima barriera al diffondersi dell’illegalità e vigilano sul rispetto delle normative vigenti in particolare quelle che tendono ad emarginare i fenomeni legati al Gap e al gioco minorile. Il gestore, inoltre, provvede in proprio, al posizionamento e alla manutenzione degli apparecchi e dei punti di accesso e lavora giornalmente per rendere idoneo e più sicuro l’esercizio che ospita i prodotti. Se, come noi ci auguriamo, il gestore verrà riconosciuto anche a livello legislativo, può davvero rappresentare una pietra angolare di tutto il sistema che fa riferimento al gioco lecito. Non solo, se la questione legata alle regole è senz’altro da considerare uno dei punti fermi per la sopravvivenza del settore, non possiamo neppure dimenticare che il contratto di rete ne consente un ulteriore sviluppo anche a livello economico. Ecco perché riteniamo che Rei e il principio di rete cui si ispira possa essere ritenuto una radice solida – e per questo da tutelare – per tutto il sistema del gioco, adesso e soprattutto in futuro”.